Tra qualche giorno saranno passati 11 anni dal G8 di Genova, da quella notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001 durante la quale decine di poliziotti fecero irruzione nella scuola Diaz e massacrarono (non credo ci sia altro termine da usare) 92 persone inermi, alcune delle quali stavano già dormendo. Amnesty International ha definito l'episodio come "la più grave sospensione dei diritti umani in un paese democratico dopo la Seconda Guerra Mondiale".
Neanche due settimane fa sono state emesse le sentenze definitive per i responsabili (diretti e non) della "macelleria messicana" alla scuola Diaz; alcuni dei poliziotti che hanno partecipato al massacro non andranno in carcere grazie all’indulto approvato nel 2006 e alla prescrizione delle condanne per lesioni gravi. Interdizione dai pubblici uffici per un massimo di cinque anni per gli alti dirigenti dei vari apparati investigativi della polizia, tutti condannati per falso aggravato. Addirittura alcuni dei legali dei condannati in via definitiva per le violenze alla Scuola Diaz hanno intenzione di chiedere la grazia al Capo dello Stato per i meriti da loro acquisiti sul campo, per non essersi macchiati di violenze e di fatti di sangue.
Negli anni scorsi alcuni dei responsabili erano già stati assolti nei precedenti processi, altri addirittura hanno anche ottenuto promozioni e avanzamenti di carriera (il capo della polizia che ha comandato quel massacro è diventato il presidente della commissione di controllo parlamentare per i servizi segreti).
Sempre in questi giorni sono state emesse anche le sentenze definitive (6 e 10 anni) per due dei 10 manifestanti accusati di "devastazione e saccheggio", un reato (inserito nel codice penale durante il fascismo e quasi mai utilizzato) per il quale rischiano fino a 15 anni di carcere.
Personalmente dubito che tra gli arrestati ci sia chi veramente, a volto coperto, ha causato "distruzione e saccheggio", ma non voglio mettere in discussione la colpevolezza degli imputati nei diversi processi, quanto piuttosto la severità delle condanne: a quanto pare è molto più grave sfasciare vetrine e bancomat che picchiare e torturare persone, soprattutto quando ad eseguire il massacro sono le forze dell'ordine, cosa che secondo me dovrebbe costituire un'aggravante.
Credo che questo non sia la giustizia di un paese cosiddetto civile, ma piuttosto di uno stato di polizia. Uno stato in cui le cronache hanno spesso dimostrato che chi commette un reato portando una divisa gode di una certa impunità. E soprattutto dove le istituzioni difficilmente condannano pubblicamente certi comportamenti riprovevoli da parte di chi dovrebbe garantire "ordine e sicurezza", anzi si tende a minimizzare l'accaduto se non addirittura ad ignorarlo, quando invece sono molto celeri nell'elogiarne pubblicamente l'operato magari a seguito di risultati positivi nella lotta alla criminalità. Uno stato che ha avuto le più alte cariche istituzionali ricoperte da Francesco Cossiga, propugnatore della dottrina per la quale occorre:
"«Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che?
«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che...
«Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
«Soprattutto i docenti.»
«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!»
E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.
«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio.»"
(Dall'intervista a Francesco Cossiga, 23 ottobre 2008, «Quotidiano Nazionale»)
Riguardo agli eventi di quella notte di 11 anni fa, è possibile trovare una descrizione accurata nonchè agghiacciante nell'articolo The bloody battle of Genoa, scritto nel 2008 dal giornalista inglese del Guardian Nick Davies, che si può trovare anche tradotto in italiano sull'Internazionale (Le ferite di Genova).
Infine, per chi non l'avesse già fatto, consiglio la visione del film Diaz di Daniele Vicari, e di firmare l'appello della campagna 10x100 a favore dei manifestanti condannati per devastazione e saccheggio.
Neanche due settimane fa sono state emesse le sentenze definitive per i responsabili (diretti e non) della "macelleria messicana" alla scuola Diaz; alcuni dei poliziotti che hanno partecipato al massacro non andranno in carcere grazie all’indulto approvato nel 2006 e alla prescrizione delle condanne per lesioni gravi. Interdizione dai pubblici uffici per un massimo di cinque anni per gli alti dirigenti dei vari apparati investigativi della polizia, tutti condannati per falso aggravato. Addirittura alcuni dei legali dei condannati in via definitiva per le violenze alla Scuola Diaz hanno intenzione di chiedere la grazia al Capo dello Stato per i meriti da loro acquisiti sul campo, per non essersi macchiati di violenze e di fatti di sangue.
Negli anni scorsi alcuni dei responsabili erano già stati assolti nei precedenti processi, altri addirittura hanno anche ottenuto promozioni e avanzamenti di carriera (il capo della polizia che ha comandato quel massacro è diventato il presidente della commissione di controllo parlamentare per i servizi segreti).
Sempre in questi giorni sono state emesse anche le sentenze definitive (6 e 10 anni) per due dei 10 manifestanti accusati di "devastazione e saccheggio", un reato (inserito nel codice penale durante il fascismo e quasi mai utilizzato) per il quale rischiano fino a 15 anni di carcere.
Personalmente dubito che tra gli arrestati ci sia chi veramente, a volto coperto, ha causato "distruzione e saccheggio", ma non voglio mettere in discussione la colpevolezza degli imputati nei diversi processi, quanto piuttosto la severità delle condanne: a quanto pare è molto più grave sfasciare vetrine e bancomat che picchiare e torturare persone, soprattutto quando ad eseguire il massacro sono le forze dell'ordine, cosa che secondo me dovrebbe costituire un'aggravante.
Credo che questo non sia la giustizia di un paese cosiddetto civile, ma piuttosto di uno stato di polizia. Uno stato in cui le cronache hanno spesso dimostrato che chi commette un reato portando una divisa gode di una certa impunità. E soprattutto dove le istituzioni difficilmente condannano pubblicamente certi comportamenti riprovevoli da parte di chi dovrebbe garantire "ordine e sicurezza", anzi si tende a minimizzare l'accaduto se non addirittura ad ignorarlo, quando invece sono molto celeri nell'elogiarne pubblicamente l'operato magari a seguito di risultati positivi nella lotta alla criminalità. Uno stato che ha avuto le più alte cariche istituzionali ricoperte da Francesco Cossiga, propugnatore della dottrina per la quale occorre:
"«Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che?
«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che...
«Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
«Soprattutto i docenti.»
«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!»
E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.
«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio.»"
(Dall'intervista a Francesco Cossiga, 23 ottobre 2008, «Quotidiano Nazionale»)
Riguardo agli eventi di quella notte di 11 anni fa, è possibile trovare una descrizione accurata nonchè agghiacciante nell'articolo The bloody battle of Genoa, scritto nel 2008 dal giornalista inglese del Guardian Nick Davies, che si può trovare anche tradotto in italiano sull'Internazionale (Le ferite di Genova).
Infine, per chi non l'avesse già fatto, consiglio la visione del film Diaz di Daniele Vicari, e di firmare l'appello della campagna 10x100 a favore dei manifestanti condannati per devastazione e saccheggio.
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